Notoriamente, la teoria sistemica definisce l’azienda come un sistema di forze interdipendenti, strumentali e complementari, preordinato dal soggetto aziendale allo svolgimento di un’attività diretta al soddisfacimento dei bisogni umani. Essa si presenta, invero, come un’entità economica dotata di una struttura volta al raggiungimento di una determinata finalità. Il pensiero sistemico e la sua formalizzazione in una teoria generale hanno avuto un’influenza rilevante in tutti gli ambiti disciplinari, anche in quello che assume ad oggetto di indagine l’azienda e risulterà particolarmente appropriato, per indagare i fenomeni legati allo stress lavoro-correlato ed, in particolare, all’organizzazione inteso quale destinazione dell’intervento. In base a tale impostazione, l’azienda viene qualificata “sistema” relativamente alle seguenti condizioni:

 la presenza di più componenti, siano esse di natura materiale o immateriale;
 l’interdipendenza tra le componenti;
 attivazione di relazioni in vista del conseguimento della finalità del sistema.

Paragonare l’azienda ad un sistema, dunque, significa affermare che i fatti dell’azienda sono legati gli uni agli altri da leggi di natura, così come avviene in ogni altro campo della creazione. Vuol dire che la gestione di un’azienda è data da una catena di operazioni, ognuna delle quali condiziona tutte le altre che sono compiute nello stesso tempo e che saranno compiute in avvenire. Dal punto di vista strutturale, le componenti del sistema aziendale sono rappresentate:

1. dai mezzi, che rappresentano l’insieme delle utilità economiche destinate alla produzione o al consumo;
2. dalle persone, che identificano coloro che, a vario titolo, partecipano allo svolgimento dell’attività aziendale;
3. dall’organizzazione, ovvero quella componente immateriale che combina le risorse individuando le azioni da coordinare, distribuendo i compiti e le mansioni, nonché attribuendo le responsabilità.

Tali componenti hanno la generale caratteristica di essere legati fra loro da un vincolo di “complementarità”; nel senso che il fine aziendale si raggiunge con il simultaneo impiego, e che la mancanza o l’insufficienza di uno di essi compromette o rende più difficile il raggiungimento di quel fine. Esse, invero, sono strumentali all’attività di produzione o di consumo, sono complementari in quanto tutte necessarie per il raggiungimento di tali finalità e, per tale motivo, la loro utilità risulta incrementata e sono interdipendenti in quanto si stabiliscono, tra esse, relazioni di varia intensità. L’azienda, considerata rispetto all’essenza sistemica delle sue componenti umane e materiali, tende costantemente a modificare le proprie modalità di funzionamento, andando ben al di là di un’immagine statica, ma rendendo tale dinamismo la condizione essenziale per la sua stessa sopravvivenza. Essa, infatti, ambisce a conseguire la propria finalità istituzionale, che si identifica nella creazione durevole di valore, basandosi sulla capacità di saper generare una quantità di ricchezza tale da permettere la remunerazione dei fattori produttivi impiegati, nonché l’equa distribuzione della stessa tra coloro che hanno contribuito in vario modo alla sua formazione. La visione dinamica dell’agire aziendale si è contrapposta ad una ormai ben lontana concezione di ordine meccanicistico; l’azienda, invero, non è più indagata staticamente come il risultato di una semplice somma algebrica di tutte le componenti che operano in essa in un dato momento storico; ma, al contrario, essa è espressione di un valore maggiore in considerazione dei benefici effetti sinergici che scaturiscono dalle osmosi che le forze di tale sistema generano. A tal riguardo, l’approccio sistemico consente di rappresentare con grande efficacia la dinamica evolutiva del sistema aziendale andando a cogliere, non solo le relazioni e le interazioni che intercorrono tra le componenti del sistema, ma, ancor di più, le relazioni inter-sistemiche che si instaurano tra l’azienda e le molteplici entità sistemiche che caratterizzano il contesto. L’azienda, infatti, benché sia un’entità distintamente identificabile e capace di autogenerarsi autonomamente, non vive in sé, ma sorge e si sviluppa, da un lato, per effetto dei processi interni con i quali vengono fatti interagire gli elementi quali-quantitativi che ne compongono la struttura umana, tecnico-finanziaria ed organizzativa, ma dall’altro, anche grazie alle relazioni che l’azienda stessa pone in essere con i soggetti e gli organismi esterni. In particolare, quest’ultimo aspetto permette di identificare l’azienda come un sistema “aperto” proprio in virtù delle interazioni che essa, inequivocabilmente, intrattiene con l’ambiente. Più precisamente, si può definire “aperto” un sistema che intrattiene con l’ambiente esterno continui scambi di energia, materia e informazioni; si dice, invece, che un sistema è chiuso quando vive isolatamente rispetto a ciò che lo circonda perché l’isolamento consente il raggiungimento della perfezione, anzi lo stato di completa autosufficienza delle risorse e l’assenza dei rapporti esterni sono la condizione del mantenimento nel tempo di tale perfezione. Si è, tuttavia, osservato con riferimento all’azienda che il significato del vocabolo “aperto” va sempre inteso in senso relativo non esistendo organizzazioni sociali, quali sono le imprese, completamente chiuse o aperte. Ciò significa che l’impresa è selettivamente aperta agli inputs, rispondendo così solo in parte a tutte le influenze e sollecitazioni ambientali. Detto ciò, si può affermare che il grado di apertura dell’azienda nei confronti dell’ambiente esterno e la sua variabilità nel tempo dipendono da diversi fattori, connessi alle sue esigenze di sopravvivenza e, quindi, di sviluppo e compatibilmente con i vincoli imposti e le opportunità concesse dal contesto di appartenenza. Nondimeno, tale apertura è influenzata dalla cultura e dai valori imprenditoriali, nonché dalle azioni dell’organo di governo indirizzate al perseguimento delle finalità aziendali. In un contesto dinamico e fortemente competitivo come quello attuale, la tensione verso la sopravvivenza, tipica di ogni entità vitale, conduce pertanto ad attribuire rilevanza non solo all’adeguatezza e alla coerenza della configurazione strutturale con le finalità da raggiungere, bensì anche al “governo dell’apertura” del sistema, che mira a consentire all’azienda di co-evolvere con l’ambiente di riferimento e di migliorare le proprie posizioni competitive. In base a tale impostazione, il rapporto tra l’azienda e l’ambiente porta a riconsiderare l’azienda stessa come un sistema:

1. relativamente aperto, per via della sua capacità di regolare il flusso di energia, materia ed informazioni in ingresso nel sistema;
2. contestualizzato, nel senso che esso costituisce solo un sub-sistema di un insieme più ampio, alle cui regole generali di comportamento non può sottrarsi, se vuole assicurarsi l’equilibrio dinamico e la sopravvivenza;
3. dinamico, in quanto caratterizzato da relazioni tra le parti componenti e tra queste e l’ambiente esterno, con un grado di intensità e qualità che variano nel tempo determinando la traiettoria evolutiva del sistema.

Per tale ordine di motivi, si ritiene opportuno, ai fini di una corretta analisi dello stress lavoro correlato, prendere avvio dal concetto di ambiente e dalla sua articolata configurazione per indagare, in un secondo momento, i rapporti che si instaurano tra il sistema aziendale e le altre organizzazioni economiche, soggetti od istituzioni, con le quali essa entra in contatto, con le persone e gli individui che agiscono direttamente o indirettamente nell’azienda.