La magia è un fenomeno sociale molto diffuso che, sul piano psicologico individuale, si innesta facilmente su una predisposizione umana al pensiero magico, una forma mentale che contraddistingue il funzionamento cognitivo infantile. Queste forme di pensiero non abbandonano mai totalmente la mente umana perciò traccia del pensiero magico infantile sono facilmente rinvenibili anche nel pensiero adulto quotidiano.
Piaget è stato uno dei primi studiosi del pensiero magico e a tal proposito ha suggerito che questa modalità di funzionamento dell’apparato psichico è presente sia nel bambino che nella mente dell’uomo con funzionamento di tipo primitivo; esso scomparirebbe poi completamente una volta raggiunti i livelli del pensiero operatorio concreto e formale, lasciando il posto alla logica ipotetico-deduttiva. Oggi la netta contrapposizione tra pensiero magico e pensiero razionale, ha lasciato spazio una visione più realistica e intermedia. Pensiero magico e pensiero razionale si configurano come due strutture mentali conviventi nella mente adulta. La caratteristica principale del pensiero magico e senza alcun dubbio quella che viene definita partecipazione. Quest’ultima rappresenta infatti il fuoco attorno a cui ruota tutto il funzionamento di questa forma di pensiero, poiché attorno ad essa viene percepito un rapporto fra due fenomeni che in realtà è assolutamente inesistente e non reale. La magia operata dal pensiero nasce poi dall’illusione che si stabilisce in un individuo, che più o meno inconsapevolmente, si convince, in virtù del suddetto rapporto fittizio, di poter modificare la realtà. Il pensiero magico sopravvive, nonostante i fallimenti della magia, perché esso si basa anche su un’altra caratteristica che lo mantiene in vita: l’impermeabilità all’esperienza. Nelle persone la cui mente segue prevalentemente una modalità di ragionamento magico, quando le esperienze contraddicono il loro pensiero non nasce il bisogno di spiegare l’insuccesso. Questo è possibile anche grazie al ricorso giustificazione in base alle quali l’accaduto è connesso all’intervento di altri fattori che lo possono giustificare, oppure facendo riferimento a premesse diverse da quelle su cui si fonda il pensiero logico e secondo cui le potenze invisibili che consentono la partecipazione agiscono secondo progetti oscuri e quindi i momenti inattesi, imprevedibili e incalcolabili. La rottura dell’organizzazione spazio-temporale, che rappresenta la principale differenza tra pensiero magico e pensiero logico, è un’altra caratteristica basilare della modalità magica di funzionamento del pensiero; messaggi se rendendo possibile una causalità artificiale, illogica e paradossale. Rispetto alla logica spaziale, la rottura operata dal pensiero magico consiste nella creazione di una coincidenza tra il tutto e le sue parti, anche quando vengono separati. Di conseguenza, per esempio, chi possiede anche una parte insignificante del corpo di una persona, ad esempio un capello unghia, può convincersi di poter agire su di esso agendo sulla persona. Un’altra importante distinzione tra pensiero magico e pensiero logico risiede nella differente concezione dei simboli e più precisamente, nel pre-simbolismo persistente nella prima forma di pensiero. Infatti, il pensiero magico è strettamente connesso ad un uso primitivo dei simboli. Questi ultimi, durante lo sviluppo, inizialmente cominciano ad essere associati alle cose in base a riflessi condizionati e successivamente vengono staccati dalle cose per diventare strumenti plastici e mobili di espressione del pensiero. La magia si situa nell’area intermedia di questa evoluzione dei simboli, quella in cui simboli sono ancora aderenti alle cose pur essendo già parzialmente spaccati; quindi, i simboli nel pensiero magico sono ancora concepiti come legati alle cose e sono utilizzati ad uno stadio pre-simbolico.
Secondo Piaget, l’acquisizione della funzione simbolica è solo l’inizio di un lungo iter evolutivo che ripercorre, un livello più complesso, un cammino analogo a quello già compiuto nell’arco di sei stadi del periodo senso-motorio. A 2 anni il bambino dispone di schemi mentali ma, proprio come avviene all’inizio della vita per gli schemi senso motori, non è in grado di utilizzarli in modo flessibile e pienamente adeguato. Piaget chiama egocentrismo intellettuale il modo in cui funziona il pensiero in questa fase. I bambini possono attribuire ad oggetti inanimati proprietà che sperimentano in se stessi e che in realtà sono tipiche solo dei viventi (animismo), e per contro, credere che il loro pensiero sia qualcosa di materiale (realismo). L’egocentrismo si manifesta anche nella comprensione di rapporti spaziali e temporali. In un famoso esperimento di Piaget, ai bambini tra i 4 e i 11 anni veniva mostrato un plastico, i bambini sotto i 6 anni sceglievano per lo più la foto corrispondente al proprio punto di vista attuale. Successivamente, tra i 6 e i 7 anni, si affacciava l’idea che la prospettiva dovesse essere diversa, senza però la capacità di ricostruire mentalmente ciò che lo spettatore vedeva in realtà.
Le conoscenze dei bambini, entro il dominio psicologico, sono chiamate teorie della mente. Flavell, Miller e Miller propongono di suddividere queste conoscenze in cinque aspetti, o postulati della teoria:
- La mente esiste. Già dal primo anno di vita il bambino saprà orientarsi verso gli altri in modo specifico, d’istinto da quello con cui guarda e agisce sugli oggetti, comportandosi dunque con le persone come se avessero una mente. A 2 anni compaiono riferimenti linguistici agli stati emotivi altrui.
- La mente collegata al mondo fisico. A 3 anni il bambino comprende piuttosto bene la connessione tra stimoli fisici e stati mentali. A 4 anni si basa sul comportamento degli altri e su indizi contestuali per inferire gli stati mentali.
- La mente è separata dal mondo fisico e differisce da adesso. Già a 3 anni il bambino sa molto bene che i pensieri non si possono toccare.
- Le rappresentazioni mentali possono essere anche false.
- La mente lavora in modo attivo. Capire che il modo in cui si percepisce la realtà è influenzato dalle conoscenze pregresse è un’abilità molto complessa che inizia appena ad affacciarsi dopo i 6 anni.
Flavell, Miller e Miller propongono di considerare il progresso nell’elaborazione della teoria della mente come l’iter attraverso cui il bambino supera l’egocentrismo, inteso proprio come carenza in questo dominio di conoscenza.
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