Un esempio interessante di regressione borderline normale è quello proposto da Alcott in Piccole Donne, un classico della letteratura pedagogica per ragazzi adolescenti.
Jo, il personaggio con cui l’autrice più si identifica, ha fatto arrabbiare Amy, la sorella più piccola, e questa ha distrutto l’unico esemplare dei suoi scritti. Furiosa, Jo va a pattinare sul fiume gelato con un amico comune, Laurie, Amy la insegue per chiederle scusa e riappacificarsi. Quando Laurie avverte Jo di tenersi ai bordi del fiume perché al centro il ghiaccio è sottile ed è pericoloso, Jo si rende conto che Amy, da dietro una curva, non può averlo sentito ma, furiosa come con lei, non la avverte. Quando il ghiaccio si rompe ed Ami finisce in acqua, Jo resta come paralizzata e è Laurie a prendere per primo l’iniziativa. Salva per miracolo la sorella, Jo resta profondamente turbata dal modo in cui, senza completamente volerlo e tuttavia in parte volendolo, ha messo a rischio la vita di Amy e propone tutta la sua vergogna e tutto il suo pentimento alla madre. Scoprendo, con lei, quanto a volte sia difficile controllare questo tipo di reazioni “pazze” cui siamo tutti esposti di continuo.
La regressione borderline di Jo inizia nel momento in cui scopre che Ami ha bruciato il suo manoscritto. Amy è una nemica e incarna il male, Jo e il suo manoscritto sono le vittime della sua cattiveria che è in quel momento totale. Altrettanto totale è la cattiveria che Jo attribuisce a se stessa nel momento del pentimento spontaneo, all’altro estremo, cioè, di quella che una tipica oscillazione borderline. L’episodio ha un lieto fine e viene elaborato con una certa facilità da Jo che ne parla (riesce a parlarne) a un interlocutore disponibile affettivamente. La madre-terapeuta è sufficientemente buona, nel senso di Winnicott, perché ascolta e interviene con dolcezza spiegando a Jo come lei stessa abbia vissuto (e tentato di correggere) emozioni dello stesso tipo. Assai più difficile sarebbe stato, ovviamente, per Jo elaborare un lutto se la madre avesse reagito in modo sbagliato: minimizzando o arrabbiandosi troppo, e/o se la storia fosse finita male; con un rischio evidente legato al movimento oscillatorio caratteristico delle emozioni non integrate. Alternando fasi in cui l’aggressività sarebbe stata diretta contro di sé il (senso di colpa) ed altre in cui Jo l’avrebbe diretta contro l’altro.

Quello che è importante sottolineare qui, è che il funzionamento borderline resta, comunque, uno dei funzionamenti possibili in ogni mente umana. Corrisponde, per tutti, a una tappa fondamentale dello sviluppo psichico. Dipende dal superamento di una soglia di attivazione, diversa da persona a persona e nel tempo diversa anche per la stessa persona, il cui valore iniziale si stabilisce al termine di un percorso evolutivo che va avanti a lungo nel corso dell’infanzia. Tale soglia di attivazione è particolarmente Bassa nelle persone che presentano, clinicamente, un disturbo della personalità, ed è un indice preciso, quando più alta, della maturità e della affidabilità di una persona. Essa, però, non è fissa, oscilla di continuo in rapporto alle difficoltà proposte dalla vita. Quello che più colpisce nella clinica, tuttavia, è il modo in cui, una volta attivato, il funzionamento borderline può:

  • regredire rapidamente nelle situazioni in cui la sua attivazione è legata circostanze che lo prevedono: lo stadio, la discoteca, il concerto rock o la partecipazione, comunque, all’emozione transitoria di un grande gruppo;
  • regredire in tempi brevi o medi se il trauma che l’ho messo in moto viene superato dai fatti o elaborato psicologicamente in modo corretto;
  • allargarsi aumentando la sua pervasività: all’interno della situazione che l’ha determinato e lo sostiene o al di fuori di questa.

 

Bibliografia:

Cancrini “L‘oceano Borderline” Raffaello Cortina Editore