Con il termine pensiero la psicologia indica una realtà molto vasta, comprendente processi mentali che non potrebbero essere definiti tutti come processi logici, razionali o ancora meno creativi, pur essendo anch’essi prodotti dalle attività psichica dell’uomo inteso come essere pensante. L’obiettivo dello psicologo, quindi è l’analisi fenomenologica dei processi di pensiero, intesa come la raccolta delle forme di pensiero in tutte le sue possibili varietà, come lo studio delle strutture caratteristiche di queste forme, per raggiungere ad isolare i fattori che intervengono a determinare le varie forme di pensiero.

Wertheimer si proponeva di analizzare quali fossero le condizioni in cui può si giungere ad un atto di intelligenza creativa, quel tipo di pensiero che ci permette di risolvere problemi e che l’autore ha definito produttivo. Molto spesso nell’apprendimento, o nella ricerca di una soluzione, vengono seguiti i metodi che prevedono atti puramente mnemonici, dettati dall’applicazione passiva di regole già prese; Wertheimer vuole  mostrare come si possa giungere a soluzioni e ad apprendimenti più generali e profondamente radicati quando si adotta un impostazione che osservi la situazione come una totalità significante e non come un insieme di parti o procedimenti parcellari. In questa prospettiva anche gli errori dovrebbero acquistare carattere positivo. Il pensiero che segue questo procedimento e porta a una ristrutturazione del campo, viene chiamato produttivo ed è ben diverso da una procedimento mnemonico ho appreso passivamente.

Köhler usa il termine Insight, impiegato in due accezioni diverse: operazione mentale di ristrutturazione cognitiva, quando cioè un soggetto a prendere che per un determinato problema ci si deve comportare in un determinato modo; e consapevolezza di una relazione, cioè cogliere immediatamente certe relazioni tra eventi senza bisogno di un processo di analisi e di ragionamento.

Il pensiero quotidiano secondo Barlett, è una modalità che entra in azione nelle moltissime situazioni problematiche della vita di ogni giorno, in cui le persone, senza compiere uno sforzo per essere logiche e scientifiche e trascurando le lacune delle informazioni a loro disposizione, intendono ugualmente prendere posizione per arrivare ad una soluzione. Le lacune delle informazioni sono generalmente molte e tali da non poter essere colmate la successione rigorosa di ragionamenti o da concetti che vi si adattano perfettamente. Le connessioni e modo di colmare queste lacune vengono effettuate secondo modalità con cui il soggetto pensa di attirarsi l’approvazione e l’accettazione da parte dell’ambiente. Sulla base dei risultati delle sue ricerche Barlett, confermò che il pensiero quotidiano è fortemente orientato a prese di posizione decise, ben definite. Di tutti gli elementi obiettivi messi a disposizione, infatti, soltanto una parte è scelta ed usata per la comprensione della situazione, non si tiene conto, in quanto non congruenti con la soluzione preformata dal soggetto, di soluzioni che in qualche modo erano già presenti. Nel pensiero quotidiano, a differenza del pensiero logico, non vi sono tracce di processi elaborati tra i dati di partenza e le conclusioni, queste sono ritenute giuste anche se la loro validità non può essere dimostrata in alcun modo o se questa richieda un tempo molto lungo e un analisi di tutti gli elementi in gioco che certamente non sarà stata compiuta dal soggetto. Per colmare questo vuoto tra dati di partenza e conclusioni tratte, spesso il soggetto si rivolge a ricordi personali, a situazioni analoghe che gli si presentano alla mente. Egli a tal fine fa uso di elementi perentori, quali “senza dubbio”, “naturalmente”: la necessità di quella particolare conclusione viene imposta con la forza dall’asserzione. Barlett, inoltre, considera altri due aspetti del pensiero quotidiano: il fenomeno della generalizzazione e il punto senza ritorno. Il fenomeno della generalizzazione consiste in generalizzazioni tali da superare di gran lunga quelle che si potrebbero dedurre con un processo rigoroso, attraendo cioè da differenti situazioni le caratteristiche comuni. Il punto senza ritorno, invece, consiste nel fatto che i soggetti, inizialmente in certi, raggiungono uno stadio del quale è molto più facile proseguire che tornare indietro; se si fanno uno sforzo per tornare indietro, diventano esitanti. La componente affettiva, irrazionale, condiziona la particolare modalità di espressione del pensiero prevenuto, che proprio perciò si differenzia dal pensiero quotidiano. Nel definire il pensiero prevenuto, occorre tenere presenti due suoi elementi costitutivi: la credenza, una durevole organizzazione di  percezioni e di conoscenze intorno a qualche aspetto del mondo dell’individuo; e l’oggetto, un gruppo sociale etnico o altro. Vi sono due ordini di spiegazione sulla formazione di tale modalità di pensiero: l’errata operazione induttiva, una generalizzazione condotta non rispettando le regole della conoscenza induttiva; e la falsa operazione deduttiva, affermare, ad esempio, aprioristicamente che se un individuo appartiene a un determinato gruppo, allora possiede quei caratteri. Il pregiudizio potrebbe essere definito come una generalizzazione sempre confermata a mezzo di una falsa operazione deduttiva, generalizzazione che può realizzarsi per l’estrema genericità ed ambiguità delle caratteristiche o tratti presenti nelle premesse. Una volta definito il pregiudizio resta da stabilire per chi assume il carattere di credenza rigida. Esiste certamente, in ognuno di noi, una certa tendenza a non modificare le nostre opinioni, un principio di economia, per cui tendiamo ad inquadrare le conoscenze i ricordi in strutture che raggiungono la massima semplicità e stabilità. Si può definire ciò come resistenza iniziale: questa però ammette la possibilità di nuove riorganizzazione, nel senso dell’accomodamento. Tuttavia, questo processo di ristrutturazione può non avvenire se l’opinione e le credenze sono emotivamente caricate, ed una smentita costituirebbe una frustrazione.

Psicologa Roma Via pinerolo

Gli studi che si basano sul processo di formazione verifica di ipotesi, partono dall’assunto generale che un soggetto può fornire una risposta adeguata ad una data situazione solo se formula mentalmente delle ipotesi che mette alla prova finché non trova quella corretta. Per strategia si intende, quindi, la successione organizzata di risposte, guidata da ipotesi, nel tentativo di arrivare alla soluzione di un problema. Le ricerche più note sull’argomento sono quelle condotte da Bruner, nei cui esperimenti si utilizza il compito di identificazione degli attributi rilevanti di un concetto congiuntivo. Bruner ha individuato alcune strategie caratteristiche di molti soggetti: messa a fuoco ed esplorazione. La messa a fuoco consiste in un processo di eliminazione basato sul confronto di ciascun esemplare preso come fuoco: quando il concetto consiste di una congiunzione di attributi,  questa strategia garantisce la soluzione dopo un certo numero di soluzioni. Bruner ha considerato questa strategia come conservativa perché garantisce qualche informazione ad ogni passo. Con l’esplorazione si passa dalla formulazione di qualche semplice ipotesi circa la soluzione e si categorizzano gli stimoli secondo tale ipotesi fino a che essa non risulta falsa, la verifica può essere successiva, compiuta per un’ipotesi alla volta, o simultanea, per più ipotesi contemporaneamente. Bruner definisce come sforzo cognitivo il notevole impegno richiesto alla memoria e alla capacità di elaborazione delle informazioni con questa strategia.

Le caratteristiche del pensiero sono ben messe in evidenza dal reattivo di Rorschach, che come metodo di indagine psicometrico e tecnica proiettiva, si basa sulla presentazione di stimoli ambigui in funzione dei propri atteggiamenti, delle proprie emozioni e delle proprie opinioni circa la realtà soprattutto interpersonale. A livello clinico l’inibizione intellettiva di origine nevrotica, ad esempio nei bambini gli adolescenti, può rilevare difficoltà negli impegni scolastici e universitari con costante desiderio di proseguire gli studi spesso lavoro estenuante senza risultato, e anche condotte di tipo ossessivo caratterizzate da meticolosità per quanto concerne i compiti o condotte fobiche verso una materia o un’insegnante.