L’attenzione è considerata come una funzione selettiva che si correla con il livello di attivazione, ma che non coincide con esso. Il grado di attenzione dipende dal livello di attivazione dell’organismo; proprio in quanto processo di selezione di informazioni, l’attenzione può essere definita un processo cognitivo. Gli studi sull’attenzione si occupano di come percepiamo uno stimolo in un modo o in un altro.

Lo studio dell’attenzione selettiva è stato iniziato da Cherry, che cerco di capire cosa accade quando, tra stimoli molteplici provenienti dal mondo esterno, un soggetto ne selezioni alcuni lasciandone decadere altri. La dimostrazione di questo fenomeno è data dall’effetto noto come “cocktail party” in cui si riesce a prestare attenzione ad una sola conversazione nonostante vene siano molteplici in corso che potrebbero interferire.

Bradbent asserì che i soggetti hanno la capacità di prestare attenzione ad una sola voce alla volta, evidenziando la relazione negativa, inversamente proporzionale, tra il grado di comprensione di due voci, nel senso che se aumenta la comprensione di una cala la comprensione dell’altra. Questa specie di alternanza di attenzione da una voce all’altra, potrebbe però essere ricondotta, invece che a un suo spostamento, alla divisione simultanea dell’attenzione. Si può cioè prestare attenzione soprattutto ad una voce, ma allo stesso tempo distribuire una piccola porzione dell’attenzione all’altra voce. Questa teoria, nota come teoria del filtro, fu proposta da Treisman per spiegare perché i soggetti erano sensibili all’informazione presentata all’orecchio a cui si doveva prestare meno attenzione, specialmente se la voce a cui non dovevano prestare attenzione pronunciava il loro nome.

Secondo la teoria dell’attenzione di Norman, la selezione viene operata non mediante il blocco o il filtro dell’informazione sensoriale, ma elaborando selettivamente l’informazione già attivata in memoria dell’informazione sensoriale che si sta raccogliendo. Si deve notare che anche stimoli familiari e usati di frequente sembrano essere percepiti cosi automaticamente, che è impossibile ignorarli. Un esempio di questo automatismo è dato dallo stroop-effect, di Stroop, in cui si mostrano ai soggetti delle parole stampate in colori diversi e si chiede lodo di ignorare le parole e di riferire solo il colore dell’inchiostro. Questo compito era perfettamente eseguito, salvo che nel caso in cui le parole erano nomi di colori diversi dal colore dell’inchiostro. In questo caso l’impedimento deriva dalla percezione del significato della parola resa quasi automatica dall’esercizio, che normalmente facilita la lettura ma che in questo caso era un elemento di disturbo. Lo stroop-effect può essere considerato un esempio di insuccesso dell’attenzione selettiva.

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Altri autori si sono dedicati all’indagine sullo sviluppo dell’attenzione. Mackworth evidenziò due tipi di attenzione, la prima dovuta all’esperienza dell’ambiente fisico e sociale, regolata dall’attività dei lobi frontali, e la seconda involontaria, regolata dal flusso degli stimoli esterni, indipendentemente dall’esperienza. L’attività dovuta ai lobi frontali è legata al loro sviluppo, che non si completa se non verso i sette anni di età. Il pieno sviluppo dell’attenzione selettiva e volontaria sarebbe quindi a partire da questa età. Tuttavia è rilevabile una attenzione involontaria nell’adulto e un’attività di orientamento volontario nei bambini. Quella che matura con lo sviluppo è, quindi, una sempre maggiore capacità di percezione selettiva delle informazione utili per una certa prestazione.

I fenomeni fisiologici tipici dell’attenzione sono presenti, in quella che viene definita da Sokolof, risposta di orientamento: si osserva alla prima presentazione dello stimoli e si riduce alla ripresentazione dello stesso, generando una risposta di abituazione. Tale risposta è legata alla coincidenza dello stimolo con una sua traccia presente nella memoria a lungo termine.

Vi sono approcci terapeutici che utilizzano la tecnica di modificazione e/o spostamento dell’attenzione su sensazioni corporee: ipnosi, training autogeno, fantasie guidate. Tra i test per la valutazione dell’attenzione selettiva vi è quello di Toulse e Pieron in cui si presenta una pagina di segni astratti e si chiede di cancellare quelli identici al modello dato. In ambito clinico vi sono vari disturbi dell’attenzione: disattenzione, distraibilità, distrazione. Nelle persone normali l’attenzione è ridotta durante il sonno, l’affaticamento, la noia e la trance ipnotica. In ambito psicopatologico, l’attenzione può essere ridotta sia in alcuni stati organici che in alcune condizioni psicogene. In ambito evolutivo, il costrutto dell’attenzione è applicato nel trattamento dell’AHDH; l’intervento deve tenere conto della centralità del fattore attentivo e sviluppare training specifici delle funzioni attentive e di concentrazione. Si può diagnosticare un disturbo dell’attenzione quando è persistente e compromette le relazioni familiari e socio-educative del soggetto.