Il conflitto può essere definito come la presenza di assetti motivazionali contrastanti rispetto alla meta. Il conflitto in psicologia indica uno scontro tra ciò che una persona, o il proprio gruppo di appartenenza, desidera, e un’istanza interiore o sociale impedisce la soddisfazione del bisogno, dell’esigenza o dell’obiettivo connessi a tale desiderio.
Secondo Cameron può essere definito come conflittuale la reciproca interferenza di reazioni incompatibili. In ogni situazione conflittuale si possono rintracciare tendenze verso almeno due forme di comportamento: tendenze verso il raggiungimento di un obiettivo, tendenze appetitive o di attrazione e volte ad evitare eventi indesiderati, tendenze avversive o di avversione. Da questa distinzione emergono quattro possibilità di conflitto: conflitto tra due tendenze appetitive, conflitto tra l’attrazione e l’avversione per lo stesso oggetto, conflitto tra due tendenze avversative e conflitto tra più tendenze appetitive e avversative. Il primo conflitto è di tipo attrazione-attrazione. Il soggetto si trova di fronte a due obiettivi positivi, ma dovrà scegliere necessariamente uno dei due. Si tratta del conflitto più innocuo. In questo tipo di conflitto i due obiettivi che generano conflitto non si equivalgono completamente, da un lato perché il soggetto nutre già una preferenza per uno dei due, dall’altro perché il caso può far pendere la bilancia da una parte o dall’altra. Una volta effettuata la scelta di una soluzione si può assistere o ad una denigrazione di quello tralasciato, come se il soggetto volesse difendersi dal ritorno del conflitto. Il secondo conflitto è di tipo attrazione-avversione. Il soggetto rimane come sospeso e privo di movimento, perché la situazione o il soggetto stesso hanno in se caratteristiche sia positive che negative. In questo tipo di conflitto, il soddisfacimento del desiderio è condizionato dal pagamento di un prezzo elevato. Il terzo conflitto è di tipo avversione-avversione. Il soggetto si trova di fronte a due situazioni negative e spiacevoli. Di solito questo tipo di situazione conduce alla ritirata, ma non è sempre possibile. Questo tipo di conflitto si evidenzia già dalla prima infanzia, quando le regole e i compiti spiacevoli vengono imposti con la minaccia di severe punizioni da parte dei genitori. Il quarto conflitto è di tipo più attrazioni-più avversioni. Il soggetto si trova di fronte ad oggetti o situazioni che evocano contemporaneamente sia attrazione sia avversione. Raggruppando tutti gli aspetti positivi di una situazione in un’unica tendenza attrattiva, da un lato, e quelli negativi dall’altro, si giunge ad una situazione conflittuale in cui si a da una parte una grande tendenza attrattiva e dall’altra una grande tendenza avversativa per ognuna delle due situazioni. I conflitti sono vissuti a livello della personalità e quindi si trovano a questo livello i meccanismi di difesa. A livello personale operano numerosi meccanismi che permettono di risolvere i conflitti: separazione dei due ruoli in conflitto, il compromesso e la fuga. Per l’analisi sperimentale del conflitto si ricorre al principio della generalizzazione: gli stimoli simili all’obiettivo da raggiungere, oppure disposti sul tragitto che conduce ad esso, acquistano un carattere di invito. Appetenza e avversione sono di volta in volta caratterizzati da un lato gradiente specifico. L’uomo è in grado di ridurre la tensione psichica suscitata dal conflitto ricorrendo ad alcuni meccanismi di difesa che hanno un ruolo predominante: la fuga dalla realtà, le razionalizzazioni, le sublimazioni, la rimozione. Tuttavia la riduzione della tensione raggiunta attraverso questi meccanismi, si accompagna spesso allo sviluppo di una sintomatologia nervosa. Secondo Toby, anche la società mette in atto meccanismi istituzionalizzanti per ridurre le situazioni di conflitto: la separazione nel tempo, per cui ogni ruolo entra in gioco in specifici momenti mentre gli altri rimangono latenti, la gerarchia dei gradi di obbligatorietà dei ruoli che teoricamente non devono avere tra loro alcun legame. Secondo Fastinger e Arouson l’esistenza simultanea di cognizione che in un modo o nell’altro non concordano, induce il soggetto a sforzarsi di farle concordare meglio, riducendo cosi la dissonanza.